venerdì 28 dicembre 2007

VILLA GIACOMUZZI AD UDINE

A partire dalla fine degli anni quaranta (1949) Masieri elabora il progetto per la casa dell’ingegner Luciano Giacomuzzi, amico del padre Paolo.
E’ questo, escludendo le piccole abitazioni realizzate a Codroipo e a Tricesimo, il primo progetto dove, grazie ad una committenza “colta”, l’architetto può sperimentare soluzioni tecniche ed estetiche all’avanguardia.
La grande attenzione riservata a tutto l’iter progettuale, dalla fitta corrispondenza con i committenti e le ditte che dovevano seguire il cantiere e la realizzazione di disegni in varie scale arrivando a rappresentare ogni minimo particolare costruttivo, testimoniano la grande attenzione dell’architetto verso questi aspetti e la volontà, non essendo ancora esperto del “meccanismo progettuale” di controllarlo sin nei minimi dettagli.L’edificio ha una posizione defilata nel lotto, si trova collocato su di un angolo (sul lato corto affacciante su via Marinoni) ed è chiuso, sugli altri due lati dalle proprietà confinanti. L’idea di Masieri è quella di arretrare il più possibile la costruzione dal fronte strada, al fine di poter realizzare uno spazio verde antistante. Il giardino, in questo progetto vuole essere un prolungamento dello spazio interno. Il senso del privato si coniuga alla continuità spaiale.
Alla casa si accede da via Marinoni attraverso un passaggio che penetra nel giardino e segue il muro di recinzione. Attraverso una bussola si accede ad un ambiente a doppia altezza che si contrappone all’accentuata orizzontalità dello spazio adibito a soggiorno-salotto dal quale è con un serramento completamente apribile. Una scala lignea ad un’unica rampa conduce al primo piano. Il parapetto, sospeso al balcone del soggiorno superiore ed alla soletta sopra l’ingresso, disegna una composizione, un insieme di figure geometriche astratte.


La soluzione distributiva della pianta vede la netta separazione della zona servizi dalla zona padronale, mediante un lungo muro trasversale continuo. Le varie fasi del progetto, con le modifiche avvenute dalla prima stesura (1949) alla soluzione definitiva realizzata nel 1950, sottolineano la progressiva ricerca di un’articolazione planimetrica e volumetrica ottenuta in questo caso con lo slittamento, secondo una inclinazione di quarantacinque gradi, degli spazi del soggiorno-salotto e delle camere padronali (queste sembra quasi protendersi verso due alberi preesistenti nel giardino). La pianta si presenta ritmata dai setti del soggiorno-salotto e dal muro trasversale; questi elementi consentono un’articolazione dell’ambiente, concepito come spazio unico all’interno dell’edificio. Così la zona pranzo ed il soggiorno sono un solo ambiente che riceve luce da un piccolo patio ad est, nonché, ad ovest, dal giardino verso il quale si affaccia con ampie vetrate. Nel giardino, una vasca d’acqua, funge da elemento riflettente e permette alla luce di entrare ed espandersi negli ambienti interni. Una seconda vasca, non realizzata, era prevista nel patio ad est. L’importanza del soggiorno, contenete l’elemento cardine dello spazio: il camino in pietra e mattoni; è indicata dallo stesso progettista.
In una lettera al committente, volta a convincerlo della finitura in marmorino da adottare nel soffitto del soggiorno, Masieri, sintetizza la filosofia del progetto:


“ingresso con accentuato senso di verticalità; giardino inteso come “ambiente”;
patio considerato come presa di luce; soffitto del salotto inteso come “piastra
radente” che raccoglie ai due lati le vibrazioni di luce degli ambienti
rettangolari (un lato già esistente); avrebbe dovuto avere, a lavoro ultimato,
un carattere tale il cui senso di accoglimento, date le premesse, si poteva
realizzare solamente con una superficie superiore morbida, delicata e
soprattutto trasparente”.
(Brano tratto dalla lettera di Masieri all’Ingegnere
Luciano Giacomuzzi in data 6-12-1949).



Al primo piano un soggiorno che si affaccia sull’atrio d’ingresso a doppia altezza e sulla terrazza giardino distribuisce le camere dei figli dell’ospite.
L’analisi degli interni mostra un sapiente accostamento dei materiali rispettosi delle tradizioni costruttive locali; i setti sono trattati con paramento a mattoni a vista levigati a secco e fugati con malta impastata di polvere di mattone. Nel sapiente utilizzo dei materiali si avverte l’influenza scarpina, la cui collaborazione in quest’epoca è stata più assidua che in altre, nell’attenzione per la matericità delle superfici, per gli accostamenti dei colori. Così all’interno le superfici in legno Douglas (calde) si contrappongono alle superfici in botticino lucidato del caminetto od ancora il rosso mattone si accosta il verde del soffitto in marmorino. Ed ancora all’esterno il gioco degli slittamenti e traslazioni di piani si unisce con le differenti grane dei materiali (pietra, ciottoli), con i colori (bianco-intonaco, rosso-mattone, verde-rame) e con gli elementi vegetali e l’acqua. La casa, ad un colto osservatore, fa balzare la mente alle suggestioni wrightiane (si confronti la casa Schwartz nel Wisconsin), già colte da Rogers, ma sembra risentire anche, come indicato da Tentori, del fascino per la composizione neoplastica. Questa appare avvertibile in taluni elementi come la scala in massello di noce od il disegno del caminetto.
Nel 1985 il restauro della casa ha coinciso con il cambio di destinazione ricavando uno show-room al piano terra e determinando alcune modifiche agli spazi servizi presenti a nord-est.














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